QUESTIONE DI NUMERI: L’impatto della mastite nelle vacche fresche

Negli USA il costo del problema mastite nell’allevamento bovino da latte è stimato pari a 2 miliardi di dollari in media ogni anno (Rollin E, Dhuyvetter KC, Overton MW.). Nel costo di ogni caso di mastite si contano il lavoro, il latte di scarto e i costi veterinari (farmaci e cure). Oltre a questo è fondamentale non trascurare la perdita di produzione – senza alcun recupero – rispetto al potenziale, dopo ogni caso clinico.

In particolare, ogni vacca con cellule somatiche oltre le 200.000 al primo controllo dopo il parto, seppur senza alcun sintomo clinico, ha un enorme impatto economico sulla redditività dell’allevamento. I numeri dimostrati da uno studio di Kirkpatrick, condotto su 489 allevamenti con dimensione media di 1086 vacche, sono infatti troppo grandi per essere trascurati:

734 Kg di latte in meno prodotto nella lattazione, pari a 257 euro, considerando un prezzo di 35 Euro/100Kg. Queste perdite si estendono fino a 210 giorni di lattazione.

2,5 volte più probabilità di sviluppare un caso clinico di mastite nei primi 60 giorni di lattazione (DIM) rispetto al resto della mandria, per non parlare del costo del trattamento e la produzione di latte ridotto.

3 volte più probabilità di riforma entro i primi 60 giorni, se paragonata a una vacca sana.

17 giorni aperti in più.

Questi numeri spiegano perché la fase di asciutta rappresenta il primo passo per una lattazione produttiva e redditizia. Di fatto, in questo periodo di apparente riposo, le bovine sono invece impegnate, da un punto di vista sanitario, per eliminare le eventuali infezioni subcliniche presenti a livello mammario, impedire ai batteri di entrare nelle estremità del capezzolo e aumentare l’immunità al fine di prevenire le infezioni nella successiva lattazione.

Le vacche sono più sensibili alle nuove infezioni mammarie durante le prime due settimane del periodo di asciutta e le due settimane prima e dopo il parto. 

Anche le manze possono contrarre la mastite durante la gravidanza, ma il rischio aumenta due settimane prima del parto.

Per questo i fattori più importanti legati alla gestione della fase dell’asciutta comprendono:

  • le procedure della messa in asciutta, quindi un adeguato protocollo per l’identificazione dei capi da trattare in caso di asciutta selettiva e procedure chiare e specifiche per l’applicazione dell’eventuale terapia antibiotica e del sigillante interno.
  • ambiente pulito e asciutto, che minimizzi il rischio di contrarre nuove infezioni da parte di microrganismi ambientali. Già nel 1995, Todhunter, Smith e Hogan dimostrarono che più del 51% delle infezioni intramammarie da streptococchi ambientali avveniva nella fase di asciutta.
Nuova struttura dedicata alla fase di asciutta presso l’az. SOC. AGR. BOSETTI PIETRO e FIGLI S.S. a Pompiano, BS

È dimostrato che, in caso di infezioni presenti nei quarti a fine lattazione, un’adeguata gestione dell’asciutta può portare a tassi di guarigione pari al 70%, mentre per le vacche sane si considera accettabile il 10% di nuove infezioni durante questo periodo.

Anche se le asciutte sembrano essere un gruppo improduttivo e non contribuiscono al conteggio delle cellule somatiche nel latte di massa, lo faranno in futuro e il loro impatto sarà determinante sulla produttività della mandria.

Di conseguenza è importante mantenere buone pratiche di gestione all’interno di questo gruppo di vacche per ridurre la probabilità di mastite.

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